Home


 

I BRIGANTI NELL'ALTO LAZIO A RIDOSSO DEL PERIODO UNITARIO

 

Nel periodo post unificazione dell'Italia, su vasta parte del territorio centro-meridionale, si diffuse il fenomeno del brigantaggio. Vediamo di individuare le motivazioni sociali, sanitarie e politiche che costituirono la base di un fenomeno ancora oggi non definitivamente chiarito.

Il regno delle due Sicilie non si era contraddistinto per la liberalità e la floridezza economica, ma certamente aveva instaurato un regime fiscale mite e tollerante, misurato sulla capacità contributiva dell'economia agricola locale.

Anche nello Stato Pontificio esistevano degli equilibri che avevano evitato fino a quel momento il degenerare della situazione sociale.

Con l'annessione al regno d'Italia, si procedette a tutta una riorganizzazione del territorio, sia dal punto di vista del potere amministrativo, sia di quello giudiziario. Il nuovo governo, convinto di essere depositario dei principi di liberalità e di giustizia, in ciò sostenuto da tutta una storiografia ottocentesca, nel procedere a queste ristrutturazioni, perpetrò notevoli abusi e vessazioni in nome della campagna di liberazione del centro-sud dall'oscurantismo borbonico e pontificio.

Al fenomeno del brigantaggio, dal punto di vista documentale e, per utilizzare un termine oggi abusato, mediatico, è sempre stato riservato un trattamento di basso profilo, evitando quindi di sviscerarne le cause di base e sottraendo gli allora governanti da responsabilità che, a distanza di 130/140 anni, l'analisi dei documenti attesta in modo abbastanza evidente.

In realtà i nuovi poteri, nel tentativo di ridefinire il possesso del demanio comunale e le necessarie “quotizzazioni” che ne scaturivano, entrarono in rotta di collisione con i ricchi possidenti che controllavano grandi estensioni di territorio, riconoscendo ai comuni risibili compensi. Tutto ciò portò a tensioni, contrasti, prepotenze ed usurpazioni che, in particolare nell'agro reatino, si sommarono ad una situazione ambientale quanto meno poco salubre, tanto che la malaria sterminava ogni anno centinaia di contadini e braccianti, costituendo un male endemico delle campagne sabine dell'ottocento. Tale situazione complessiva determinò un continuo movimento migratorio tra la montagna e la pianura, con diffusione quindi, come risvolto positivo, di varie pratiche agrarie e l'incrocio culturale tra varie popolazioni. Ma il problema della malaria, lungi dall'essere quanto meno evitato, assunse dimensioni molto significative soprattutto dopo l'unificazione, con l'inizio del massiccio disboscamento delle aree collinari e montane. Si soffrivano poi ancora gli esiti di alcune calamità registrate nel periodo preunitario, come l'epidemia di colera del 1837, che, debellata con sommo sforzo in molti anni, aveva determinato l'istituzione di un cordone sanitaro lungo il confine tra Stato pontificio e regno di Napoli, per impedire l'ingresso nello Stato di braccianti affamati provenienti dall'Abruzzo e dal distretto di Cittaducale. Naturalmente questo comportò un squilibrio sociale con numerose persone bloccate nei movimenti migratori. Nel 1853 gli abitanti del circondario di Rieti ammontavano al numero di 73.683, distinti in 14.668 nuclei familiari, dei quali il 90% (12.876), fondava la propria esistenza sull'attività agricola. Situazione identica si registrava nel distretto di Cittaducale e nell'Aquilano. Dall'analisi della composizione sociale delle bande brigantesche operanti a ridosso del confine tra Stato e Regno tra il 1860 ed il 1867, si rileva: 54,2% braccianti, contadini e pastori; 10,5% contadini renitenti alla leva; 6,3% disertori dell'esercito papalino e di quello borbonico; il resto distribuito tra varie altre categorie. Risulta chiara l'incidenza costituita dal ceto più povero sul fenomeno. A partire dall'unità i fenomeni migratori lungo il confine comunque si accentuarono notevolmente, dimostrando la grave congiuntura pre e post unitaria. Il brigantaggio va quindi letto come un indicatore dello stato di enorme disagio in cui si dibatteva l'Italia centrale postunitaria, con il ceto contadino costretto dall'indigenza ad intraprendere azioni di lotta. Durante le azioni che portarono poi all'unità, si registrarono delle fratture tra i contadini ed il ceto medio, questo ultimo favorevole al processo di unificazione. In realtà moti di resistenza al processo di unificazione si erano registrati sia nello Stato pontificio che nel regno di Napoli, con il coinvolgimento del ceto rurale tutto. L'esercito sabaudo era impreparato ad affrontare una situazione instabile e inattesa, dovendo misurarsi con una forte resistenza popolare e mettendo in atto delle violente repressioni. In questa fase si registrarono delle controffensive contro i Sabaudi: la prima, guidata da Klitsche de la Grange , contava su circa 2.000 militari di linea più un migliaio di braccianti armati alla meglio; riuscì a sfondare le linee garibaldine riprendendo Avezzano il 19 ottobre 1860; la seconda, composta da soldati papalini, svizzeri e zuavi, affiancata dalla solita massa male armata dei braccianti, era condotta dal colonnello borbonico Francesco Saverio Luverà e nel 1861 riconquistò Tagliacozzo. Ma questa seconda armata si disperse subito dopo l'eccidio di Scurcola Marsicana perpetrato dai piemontesi. In questo contesto risultava chiaro come il movimento dei braccianti poteva mostrare una valenza “insurrezionale” fintanto che esisteva la possibilità di un fallimento dell'unificazione italiana. Quando in rapida successione caddero nelle mani dei sabaudi la piazzaforte di Gaeta (rifugio del re borbonico), le cittadelle di Messina e Civitella del Tronto, la possibilità di un fallimento dell'unificazione parve scomparire, per cui tutti gli oppositori furono costretti a ripiegare, fuggendo e cercando riparo alla macchia. E così continuarono, per quanto loro possibile, a combattere, ma furono definitivamente etichettati come briganti, lasciando difficoltà insormontabili per distinguere le azioni insurrezionali da quelle brigantesche vere e proprie..

Le bande più importanti che operarono sul territorio furono:

  • Banda di Pizzoli;
  • Banda di Cagnano Amiterno;
  • Banda di Borgo Velino;
  • Banda di Laculo e Canetra guidata da Lorenzo Pandolci e Pietro Agelini;
  • Banda di Antrodoco guidata da Domenico Natalucci, Pasquale Di Silvestro, Bernardo Di Biaggio, Angelo Di Biaggio, Giovanni Cenfi, Giuseppe Gregari, Carmine Bianchini, Giovanni Grassi e Giovanni De Angelis;
  • Banda di Borbona;
  • Banda di Vallemare;
  • Bande del Cicolano-Tornimparte-Lucoli
  • Briganti del Pontificio

 

Focalizziamo ora l'attenzione sui territori di Amatrice ed Accumoli.

 

 

AMATRICE

Giornale del Governo di Abruzzo Ulteriore Secondo

Anno 1860

Stato di popolazione 1859

Aquila 31 Dicembre 1860

Distretto di Cittaducale

Circondario di Amatrice (abitanti 1.091)

65 comuni centrali e riuniti o ville

con una popolazione complessiva di 8.514 abitanti

 

Il contadino, poi brigante alla macchia Sabatino Ciaralli, venne condannato in contumacia perché accusato dalla Gran Corte Criminale di “Discorsi e fatti pubblici tendenti a spargere il malcontento contro il Governo, avvenuti a Villa Prata, Circondario di Amatrice il 29 ottobre 1860” .

 

Nicola Leopardi, sindaco di Amatrice e capitano della Guardia Nazionale, si distinse, invece, per operosità e coraggio nel perseguire il brigantaggio in ogni occasione (rapporto del comando delle truppe al confine pontificio).

I militi Germano Mari, Domenico Rubei ed Emidio Santarelli, furono anche essi elogiati per il coraggio dimostrato durante il brigantaggio. In particolare il luogotenente Rubei, il giorno 8 luglio 1861, alla testa di un drappello, sostenne un violento scontro a fuoco con una banda brigantesca, appoggiando le operazioni militari della truppa piemontese. Vennero infine proposti per la menzione onorevole , le guardie nazionali: Leopardi, Mari e Rubei, mentre al coraggioso milite Emidio Santarelli, fu assegnato dalla commissione provinciale un premio pecuniario.

 

ACCUMOLI

Giornale del Governo di Abruzzo Ulteriore Secondo

Anno 1860

Stato di popolazione 1859

Aquila 31 Dicembre 1860

Distretto di Cittaducale

Circondario di Accumoli (abitanti 670)

18 comuni centrali e riuniti o ville

con una popolazione complessiva di 2.761 abitanti

 

Il reazionario Raffaele Marini (sarto), simpatizzante dei Borboni, venne arrestato dalla Guardia Nazionale di Accumoli nell'agosto del 1860, con l'accusa di: Discorsi tendenti ad eccitare la ribellione contro il legittimo Governo”.

 

I sacerdoti don Pietro Casini, parroco di Poggio Casoli, don Sante De Santis, parroco di Collespada, don Marcello Cervelli, parroco di Roccasalli, furono arrestati dalla Guardia Nazionale di Accumoli con l'accusa di: Fatti e discorsi tendenti ad eccitare la popolazione contro l'attuale Governo e contro i cittadini che lo sostengono, nonché voci allarmanti contro lo stesso governo, avvenuto nel comune di Accumoli nell'ottobre del 1860” .

Luigi Organtini (proprietario di Accumoli), fu arrestato come reazionario contrario all'unificazione ed accusato di: “Attentato per cambiare l'attuale Governo ed eccitare la guerra civile tra i cittadini e sparlare della forma di Governo. Ingiurie gravi in persona di Pubblica Sicurezza, il 23 Febbraio 1861” .

Vincenzo Valentini, contadino di Accumoli, Emidio Valeri, garzone di Collemoresco, Evangelista Spalla e Berardino Perilli, contadini di Collemoresco, Pasquale Angeletti, contadino di Patarico, Camillo Rendina e Filippo Micozzi, contadini di Grisciano, furono arrestati dai soldati piemontesi e della Guardia Nazionale con l'accusa di: “Corrispondenza con bande armate. Discorsi pubblici per eccitare lo sprezzo e il malcontento per il re Vittorio Emanuele e le istituzioni costituzionali, misfatto commesso in Collemoreso nei mesi di Luglio ed Agosto 1861” .

Ancora, il benestante filo-borbonico Luigi Organtini di Accumoli, la sera dell'8 gennaio 1862 sobillò la popolazione ad assalire la caserma della Guardia Nazionale. Dopo la sommossa, che causò diversi feriti tra i contadini ed i soldati, il benestante venne arrestato con l'accusa di: “Discorso pubblico di natura da eccitare lo sprezzo ed il malcontento contro la Sacra Persona del Re e le istituzioni costituzionali. Resistenza con violenza e vie di fatto contro la Forza Pubblica. Minaccia e ferita contro un Ufficiale dell'Ordine Pubblico, incaricato nell'esercizio delle sue funzioni, commesso in Accumoli l'8 gennaio 1862” .

 

Tratto da “REAZIONE E BRIGANTAGGIO NELLA SABINA, NEL CIRCONDARIO DI CITTADUCALE E NELL'AQUILANO (1860-1870)

Di Fulvio D'Amore

 

STORIA | HOME

 

Storia | Eventi | Personaggi | Folklore | Foto | Associazione | Comunanza | Dove Siamo | Territorio | IlVergaro | Partners | Alam | Consigli | Lotteria | Links | Scrivici