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AL BISCINO

Ma chi sei tu, o piccolo omino,

che di lanosa pelle, vai coperto?

Ti segue solo il tuo fedel mastino,

che su te fissa il dubbio sguardo incerto;

tu vai, e vai, e lungo il tuo cammino

mai dell'operar raccogli il merto,

tu soffri e taci, al sole e alla tormenta,

ed il tanto soffrir non ti spaventa.

 

Come è amaro quel pane di polenta,

che t'amministra il tuo crudel padrone,

e perché mamma fosse più contenta,

ne cerchi risparmiar qualche boccone.

Quando il freddo ti punge e ti tormenta,

o GIOVE PLUVIO manda un acquazzone,

ti ripara la scorza d'un'agnella,

o pur l'umile tela d'un'ombrella.

 

A sera, giammai della fornella, (1)

potrai rimirar la calda buca,

dietro gl'altri fai la sentinella,

sperando che qualcuno t'introduca,

vali molto meno d'un'agnella,

per l'esegrando cuore del tuo duca,

soffri, mentre una donna sincera,

per te, all'ETERNO, innalza una preghiera.

 

Tu la senti al cuor, calda, leggera,

scendere dolce come un frullo d'ale,

mentre fuori, in forma di bufera,

urla selvaggio e orrendo il temporale,

adagiate sull'umile lettiera,

le stanche membra, un torpor t'assale,

mentre t'addormi nella rapazzola, (2)

mormori, (mamma), angelica parola.

 

Un angelo ti veglia, ti consola,

ti vigila con l'occhio del pensiero,

tu, sei il giglio suo, la sua viola,

tu sei la colonna, del suo impero.

Ma vive intorno a te, iniqua scuola,

ogni compagno, è simile a un negriero,

usano moti, che si san di vecchio,

e tu sopporti, ma soffri parecchio.

 

 

A notte, mentre il picchiettar d'un secchio, (3)

ti desta, sei ancor dolente e stanco,

imperioso t'ordina un vecchio,

d'adurre al mungitoio il primo branco;

Indossi tutto il rustico apparecchio,

per tema hai il volto triste e bianco,

mentre t'addentri, nella notte oscura,

ti fai coraggio, con la tua paura.

 

Guizzano i lampi, lungo la pianura,

aprendo innanzi a te, mille raggiere,

pare, che l'universo si misura,

tra cielo e terra, sia tutto un cratere

tu vai tremante, alla tua ventura,

sospinto dal bisogno e dal dovere,

mentre in piedi, ti sorreggi a stento,

tra i turbinosi refoli di vento.

 

Scese le reti, il branco, pigro e lento,

scuti con la verga e con la voce,

lacrime e pioggia ti bagnano il mento,

dimostra ciò, quanto il soffrir ti nuoce,

sopporti il tuo soffrir con ardimento,

quale novello CHRISTO senza croce,

l'aspro soffrire ti da più coraggio,

e ti fa degno del nostro lignaggio.

 

Per un tozzo di pane e di formaggio,

metti a repentaglio la tua vita,

che dal poco nutrire dal disaggio,

è resa ogni giorno più smagrita,

combatti con indomito coraggio,

contro la miseria, la partita,

come t'invidio a te biscino mio

all'età tua, fui biscino anch'io.

 

Quando ritorni al paesel natìo,

giulivo gridi, “mamma son tornato”,

ed ella ti risponde, “figlio mio”

con un urlo, dal pianto soffocato,

convinto d'appagare il suo desìo,

mostri il magro soldo guadagnato,

il pane, risparmiato, e la ricotta

piccolo premio, a tanta dura lotta.

 

1) Focolare - consisteva in un fuoco acceso su una buca preparata al centro del ricovero dei pastori;
2) Giaciglio dei pastori, preparato con un telaio di legno, rami e foglie;
3) La sveglia veniva data da un addetto: il Battisecchio, che all'ora stabilita, procedeva ad effettuare il giro delle baracche battendo con un bastone su un secchio;

Da “Il Canzoniere del Tronto” di Virginio Di Carmine

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