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VECCHI MIEI

Lavoro non ce n'era. Nè speranza. Nè avvenire.

Solo una cosa si poteva: decidersi a partire.

 

E così fu. Salutato il luogo caro a voi natale,

partiste. Col cuore gonfio d'ansia.

Ansia che poi vi fu fatale.

 

Non c'è stato un dì che svegli non sognavete,

le guglie d'argento dei monti vostri e le cime tutte innevate.

 

Sognavate i campi fitti d'erba da falciare.

Il vento dell'estate che le granite spighe amava ondeggiare.

 

Sognavate le amate terre vostre nella valle dolcemente adagiata.

I boschi, i sentieri impervi, e, sui monti, le fresche passeggiate.

 

Poi siete tornati. Tutti. In un tempo assai precoce.

Ed ora tutti riposate. All'ombra di una croce.

 

Amedeo, Gioacchino, Pacifico, Nello, Settimio...

Chi con il mal del secolo, chi con il cuore infranto.

Vittime di un sistema che tutto da voi ha voluto

e non vi ha dato tanto.

 

Dalle Fecette, nei giorni grigi e nebulosi,

s'ode un urlo, dei lamenti strazianti e angosciosi.

 

E' la vostra Madre Terra che non si dà pace,

e disperata vi reclama.

Perché non nel cemento, ma tra le sue braccia lei vi vuole;

perché vi ha sempre amato e per l'Eternità Vi ama.

 

Claudio Antonucci

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